Minacce a “La Via”: nessun perdono
Gazzettino – Edizione di Belluno del 24.04.2014
Le minacce del consigliere al presidente della Cooperativa sociale La Via finiscono dal Giudice di Pace. Ma sulla sentenza di estinzione del reato, in seguito alle scuse e a un piccolo risarcimento, pende un ricorso in Procura presentato dal legale del presidente. Il fatto ha origine durante il consiglio di amministrazione della cooperativa il 9 maggio 2013 nella sede di Via Sommariva ad Agordo. Fu in quell’occasione che il consigliere Giovanni Venialetti si scagliò con fare minaccioso contro il presidente Francesco Scandolo pronunciando frasi del tipo “te la farò pagare”, “ce la vediamo a quattr’occhi, anche fuori se vuoi”, “so dove abiti”. E non era nemmeno la prima volta che l’uomo si comportava così. Quasi un mese e mezzo prima infatti il Venialetti aveva avuto un colloquio con il presidente, sempre nella sede della cooperativa, che si era concluso allo stesso modo. “So dove abiti”, “te la faccio pagare”, furono le frasi pronunciate in quell’occasione. Scandolo, assistito dall’Avv. Stefano Bettiol, sporse querela e Venialetti finì davanti al Giudice di Pace per rispondere all’accusa di minacce. Prima dell’udienza l’imputato aveva fatto recapitare al presidente della cooperativa una lettera di scuse con allegato un assegno di 250 euro per chiedere l’estinzione del reato secondo l’art. 35 della legge del Giudice di Pace. Ma il presidente non aveva accettato. L’imputato aveva rinnovato l’istanza in apertura del processo, impegnandosi a non ripetere quel comportamento in futuro. La parte offesa aveva rifiutato di nuovo, ma il Giudice aveva comunque dichiarato l’estinzione del reato. “I comportamenti del Signor Venialetti si pongono in netto contrasto con i principi statutari di una cooperativa sociale quale è La Via”, così il presidente aveva motivato il suo rifiuto. Venialetti provvedeva a rassegnare le proprie dimissioni a salvaguardia di un sereno svolgimento delle attività della cooperativa nonché del rapporto con gli altri soci e lavoratori.
In questi giorni l’avvocato Stefano Bettiol ha depositato in procura la richiesta di impugnazione della sentenza del Giudice di Pace ritenendo che ad un reato di pericolo quale è quello di minacce non si possano applicare i principi dell’art. 35 della legge del Giudice di Pace.