Il lavoratore depresso faceva il rappresentante
Corriere delle Alpi – Edizione di Belluno del 25.03.2009.
Agordo. Ogni tre giorni presentava alla sua azienda un certificato medico che attestava una “sindrome ansioso depressiva” causata, a suo dire, da un presunto demansionamento che gli impediva di andare al lavoro e di avere normali rapporti sociali con altre persone.
Il punto è, che mentre era in malattia, svolgeva con disinvoltura un secondo lavoro. Da operaio a impeccabile “colletto bianco”, ossia rappresentante per una ditta di Verona. E di relazioni con gli altri ne aveva. Eccome. A scoprirlo è stato un pool di investigatori privati, ingaggiato dall’azienda agordina (assistita dall’Avv. Stefano Bettiol), che si sono messi alle costole dell’uomo, dopo che aveva intentato una causa di lavoro perché gli venisse riconosciuto un livello superiore con relativo aumento dello stipendio.
L’operaio presentava regolarmente, ogni tre giorni, i certificati medici e nell’ottobre 2008 intenta un ricorso d’urgenza contro la sua azienda, chiedendo il reintegro come “caposquadra” (con relativo adeguamento economico), giustificando il suo stato di “depressione” con un presunto demansionamento.
Nel frattempo l’azienda non sta a guardare e incarica un’agenzia di investigatori privata di pedinare l’operaio per verificare il suo comportamento nel periodo in cui risulta in malattia. È a quel punto che si scopre che l’operaio svolge un secondo lavoro.
Ora l’azienda sta valutando la possibilità di presentare un esposto in procura per un’eventuale azione penale.